Quando ho letto per la prima volta la notizia dell’arrivo di Kimi K2, il nuovo modello open-source di intelligenza artificiale sviluppato dalla startup cinese Moonshot AI, ho avuto quella classica reazione da nerd che scopre una nuova gemma tecnologica: occhi sgranati, battito accelerato e un’immediata voglia di capire tutto, ma proprio tutto, su questo nuovo “giocattolo” che sta facendo tremare i colossi americani. Perché sì, Kimi K2 non è soltanto un’altra AI, ma un segnale fortissimo che dalla Cina stanno arrivando modelli sempre più raffinati, potenti e soprattutto… aperti a tutti.
Partiamo dalle basi: Moonshot AI è una giovane startup fondata nel 2023 da Yang Zhilin, ex studente della Tsinghua University, una delle università più prestigiose della Cina, un po’ come dire “il MIT asiatico”. Con alle spalle il sostegno del colosso Alibaba, Moonshot ha fatto parlare di sé già nel 2024, quando il suo primo Kimi aveva conquistato gli utenti grazie alla capacità di analizzare testi lunghissimi e fornire risposte chiare e ben argomentate. Ma si sa, il mondo dell’AI è spietato, e nel giro di pochi mesi l’azienda era scivolata dal terzo al settimo posto nella classifica delle AI più usate in Cina.
Ed ecco che entra in scena Kimi K2, un ritorno in grande stile: un modello open-source da un trilione di parametri (sì, hai letto bene, 1.000 miliardi!) costruito su un’architettura “mixture-of-experts” che gli permette di attivare solo una piccola porzione dei suoi parametri – circa 32 miliardi – per ogni attività. Questo significa che è molto più efficiente di quanto il numero impressionante faccia pensare, consumando meno risorse e abbattendo i costi rispetto ai big occidentali come GPT-4.1 e Claude Opus 4.
E qui arriva la parte nerd-goduriosa: Kimi K2 nei benchmark sta dando batoste memorabili ai rivali americani. Nel bug fixing (SWE-Bench Verified) raggiunge il 65,8% contro il 54,6% di GPT-4.1; nella codifica (LiveCodeBench) fa un bel 53,7% contro il 44,7%; e nel ragionamento matematico (MATH-500) sfiora la perfezione con un incredibile 97,4%, lasciandosi alle spalle il 92,4% di GPT-4.1. Ma non finisce qui: ha una finestra di contesto da 128.000 token – roba da leggere interi romanzi o documentazioni tecniche senza perdersi per strada – e può essere usato via web, app o API. Il tutto a un prezzo ultra competitivo: circa 0,14 euro per milione di token in input e 2,30 euro in output, contro i circa 7 euro di GPT-4.1 e i folli 68 euro di Claude.
Come nerd appassionata di tutto ciò che è open source, non posso non soffermarmi su questo punto. L’open source, per chi come me ama smanettare, adattare, migliorare e personalizzare, è più di una semplice scelta tecnica: è un manifesto culturale. E qui la Cina sta giocando una partita intelligente. Mentre le aziende americane, da OpenAI a Google, tengono i loro modelli più potenti chiusi dietro muri di abbonamenti e API a pagamento, le aziende cinesi stanno liberando il codice. Non lo fa solo Moonshot AI: anche giganti come DeepSeek, Tencent, Alibaba e Baidu stanno scegliendo di rilasciare modelli aperti, dando vita a un ecosistema dinamico, collaborativo e in rapidissima evoluzione.
La strategia è chiara: creare comunità di sviluppatori, rafforzare l’influenza tecnologica cinese a livello globale e, perché no, rispondere anche alle restrizioni imposte dagli Stati Uniti sull’accesso alle tecnologie avanzate. È una corsa a doppia velocità, in cui da una parte c’è il business e dall’altra c’è la geopolitica. Ed è proprio qui che Kimi K2 diventa simbolico: non è solo uno strumento per fare coding o risolvere problemi complessi, ma un modo per dire al mondo “la Cina c’è, ed è pronta a giocarsela alla pari”.
Un altro aspetto che trovo affascinante è come Kimi K2 riesca a comportarsi da vero e proprio agente autonomo, spezzettando i compiti in micro-attività e gestendoli in parallelo, un po’ come un mastermind digitale che orchestra mille manovre contemporaneamente. Questo lo rende non solo un modello utile per generare testi o risolvere equazioni, ma anche per integrare strumenti esterni e software specifici, rendendolo estremamente versatile per chi sviluppa applicazioni avanzate.
Ovviamente non è tutto oro quel che luccica: Moonshot stessa riconosce che ci sono ancora limiti, soprattutto nei compiti di ragionamento complesso o nell’uso di strumenti esterni particolarmente sofisticati. Ma già il fatto che questi problemi siano sulla lista delle cose da migliorare ci fa capire quanto velocemente il progetto stia evolvendo.
E mentre il pubblico occidentale guarda ancora con diffidenza al mondo dell’AI cinese, forse per paura, forse per ignoranza, forse per pregiudizio, chi è appassionato di tecnologia non può non essere incuriosito – e, diciamolo, anche un po’ entusiasta – di fronte a un modello come Kimi K2. Perché alla fine, per chi ama l’innovazione, la sfida tra Cina e Stati Uniti non è solo una guerra commerciale o politica, ma uno spettacolo tecnologico da osservare (e testare!) in prima fila.
Allora, cosa ne pensate? Vi siete già messi a smanettare con Kimi K2 o siete ancora nella fase “lo guardo da lontano, poi vediamo”? Personalmente non vedo l’ora di metterlo alla prova, magari per scrivere fanfiction generate con l’AI, risolvere puzzle matematici, oppure creare un piccolo assistente per Dungeon Master nei giochi di ruolo. Se anche voi siete curiosi, fatemi sapere cosa vorreste provare con questa nuova intelligenza: commentate qui sotto o condividete l’articolo sui vostri social, perché nel mondo nerd, come sappiamo, condividere scoperte è metà del divertimento!
L’articolo Kimi K2: l’intelligenza artificiale open-source cinese che sfida i giganti americani proviene da CorriereNerd.it.
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