Il brusio era elettrico, i flash accecanti. Sul red carpet della Festa del Cinema di Roma, la passerella dove la storia della settima arte incontra l’effimero glamour di Hollywood, è apparsa una visione. Capelli color rame che catturavano la luce come filamenti d’oro liquido, un fascino che sapeva di icona d’altri tempi e uno sguardo profondo, quasi inquietante nella sua perfezione. Era Eva Murati, la nuova stella. Ma qui viene il colpo di scena che ha fatto tremare le fondamenta del cinema: Eva Murati non è mai nata.
È la prima attrice italiana generata interamente con l’Intelligenza Artificiale (AI), un fantasma di pixel, dati e reti neurali che ha debuttato con una forza visiva che ha lasciato il pubblico a bocca aperta. Il suo ingresso in scena è avvenuto con la proiezione di The Last Image, il primo cortometraggio italiano realizzato grazie all’AI generativa, un progetto che non è solo un esperimento tecnico, ma un vero e proprio manifesto sul futuro dell’audiovisivo.
Il Segreto di Eva: Tra Umano e Algoritmo
Dietro la “nascita” di Eva non c’è una culla, ma un team di menti brillanti: HAI – Human & Artificial Imagination. Questa neonata realtà è stata fondata da Francesco Grisi, Francesco Pepe e Stefano Leoni, volti noti nel panorama degli effetti digitali italiani grazie al loro lavoro in EDI, una delle eccellenze europee del settore. Il nome stesso del loro progetto, HAI, racchiude la missione: unire l’immaginazione umana e l’intelligenza artificiale in un’unica, potentissima, sinergia creativa.
L’operazione Eva Murati è molto più di un deepfake raffinato. Ogni espressione, ogni movimento, il sorriso calibrato sulla perfezione, sono stati costruiti da una complessa rete neurale addestrata. Eppure, qui sta il punto cruciale per noi nerd e geek del cinema: dietro la diva sintetica non c’è solo codice. Ci sono oltre cinquanta professionisti in carne ed ossa – sceneggiatori, artisti VFX, fotografi, tecnici, costumisti – che hanno infuso la loro anima in questa visione digitale.
“Eva è una dichiarazione d’amore verso il cinema,” hanno spiegato i fondatori di HAI. “Non vogliamo sostituire l’emozione umana, ma amplificarla. È un modo per esplorare nuovi confini narrativi senza smarrire la nostra identità artistica e culturale.”
L’Equilibrio Filosofico di The Last Image
La première all’ANICA di The Last Image, diretto da Frankie Caradonna e prodotto da Film Affair, è stata seguita da un dibattito che ha acceso i riflettori su una delle questioni più scottanti del nostro tempo: l’AI sarà un alleato in grado di salvare l’industria o il cavallo di Troia che ne segnerà il declino?
Il team di HAI ha ribaltato la prospettiva con forza, come veri pionieri della fantascienza applicata. Hanno spiegato che l’AI non deve essere un surrogato della creatività, ma la sua estensione. Il punto non è sostituire l’uomo, ma fornirgli uno strumento così potente da permettergli di superare i limiti di budget, tempo e persino di pura immaginazione.
Eva, nel cortometraggio, non è una semplice presenza visiva. È un personaggio sfaccettato, capace di trasmettere empatia. La sua voce, generata da un modello vocale addestrato su centinaia di timbri, è stata modulata da operatori umani per toccare le corde giuste. Il suo volto, poi, è un capolavoro di design digitale: una fusione di tratti somatici realistici, interpolati fino a raggiungere una perfezione quasi ultraterrena, a metà tra l’umano e l’etereo, un po’ come i personaggi più affascinanti della Computer Grafica (CG) videoludica.
Citando Fellini: Quando la Macchina Diventa Poesia
L’apparizione sul red carpet di Eva Murati è stata una performance a tutto tondo, un ponte tra l’arte concettuale e una geniale mossa di marketing cinematografico. Nelle interviste post-proiezione, l’attrice “fantasma” ha persino risposto con frasi generate da un algoritmo di linguaggio avanzatissimo: “Sono felice di essere a Roma, la città della Dolce Vita, il film preferito di mia nonna.”
Questo è il paradosso più affascinante, quasi poetico, che ci riporta alle domande esistenziali di opere come Blade Runner o Her, pietre miliari della cultura nerd e fantascientifica. Un’intelligenza artificiale che cita Fellini, evocando la nostalgia di un’epoca che, per sua natura, non ha mai potuto vivere. È il massimo esempio di quanto l’AI, se nutrita con il data-set giusto (in questo caso, l’immenso patrimonio del cinema), possa generare qualcosa che non è solo realistico, ma carico di significato emotivo.
The Last Image è stato definito dai suoi autori un “esperimento controllato“. Ogni fase cruciale – dalla scrittura della sceneggiatura alla regia, dalla fotografia alla post-produzione – è rimasta saldamente nelle mani umane. L’AI è stata il co-pilota, lo strumento per ottimizzare i costi e i tempi di produzione, e soprattutto per spingere l’asticella della creatività oltre le barriere del realizzabile con i metodi tradizionali.
Il Cinema Ibrido e la Nuova Autenticità
Il progetto Eva Murati dimostra che l’AI, se ben governata con l’etica e la passione che muovono i creativi, può diventare un alleato fondamentale per la produzione di film e serie TV. Può generare volti, location e atmosfere, ma è l’essere umano, l’artista, a dare un senso, un’anima e un’intenzione a quelle immagini.
Roma, culla di una tradizione cinematografica millenaria, è diventata così il luogo simbolo di questo battesimo. Il red carpet si è trasformato in un laboratorio vivente, una soglia tra la pellicola e l’algoritmo. Eva Murati, con il suo volto etereo e il suo sorriso sintetico, è l’icona di questa nuova era: il cinema ibrido.
Non è un caso che il progetto porti nel suo cuore la parola “Imagination” (Immaginazione). Perché, in fondo, che si parli di fumetti, videogiochi (pensiamo ai Digital Actors di nuova generazione), anime o cosplay (dove la creazione del costume è un atto di fede verso l’immaginario), è l’immaginazione a restare l’unica, vera, energia capace di unire l’uomo e la macchina.
Mentre i registi e gli showrunner del futuro impareranno a lavorare con attori digitali perfetti e universi creati dall’algoritmo, noi spettatori dovremo abituarci a un nuovo concetto di autenticità: non più legato alla materia fisica (la carne e le ossa), ma all’emozione sincera che l’immagine, pur se sintetica, è in grado di suscitare.
Eva Murati non esiste. Eppure, il suo impatto è fin troppo reale. E questo, amici lettori di CorriereNerd.it, è solo l’inizio.
E voi cosa ne pensate? L’Intelligenza Artificiale nel cinema vi affascina o vi spaventa? Potrà un’attrice digitale competere con il carisma di una star umana?
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