Avete mai sentito parlare di “EU Going Dark”? No, non è il titolo di un nuovo film distopico, ma un termine che circola sempre più spesso quando si parla della battaglia tra privacy digitale e sorveglianza nell’Unione Europea. E fidatevi, la cosa ci riguarda tutti!
“Going Dark”: la minaccia alla tua privacy (e alle tue chat criptate!)
Il concetto di “Going Dark” nasce dalla preoccupazione delle forze dell’ordine e delle agenzie di sicurezza: con la crescente diffusione della crittografia end-to-end (quella che rende i vostri messaggi privati illeggibili a chiunque non sia il destinatario, anche ai fornitori di servizi come WhatsApp o Signal), per loro sta diventando sempre più difficile intercettare le comunicazioni dei criminali. Da qui, l’idea che il web stia diventando un “buco nero” (going dark, appunto) per le indagini.
Ma il rovescio della medaglia è che, per “illuminare” questo buco, l’UE sta valutando proposte che potrebbero minare la sicurezza e la privacy di tutti gli utenti. La più discussa, e che sta facendo tremare il mondo tech e gli attivisti per i diritti digitali, è la cosiddetta “Chat Control”.
Chat Control: un occhio (o un algoritmo) sulle tue conversazioni?
Immaginate questo: la proposta di regolamento sul “Chat Control” (ufficialmente, “Regolamento per la prevenzione e la lotta contro l’abuso sessuale su minori”) mira a costringere le piattaforme di messaggistica a scansionare i vostri messaggi – sì, anche quelli criptati! – per rilevare materiale illegale, in particolare immagini e video legati all’abuso sessuale minorile (CSAM).
L’obiettivo è nobile, non c’è dubbio: combattere un crimine orribile. Ma il metodo proposto solleva un sacco di interrogativi. Per fare questa “scansione lato client” (cioè direttamente sul vostro dispositivo, prima che il messaggio venga criptato e inviato), le aziende dovrebbero introdurre delle “porte posteriori” (o backdoor) nei sistemi di crittografia.
Il dilemma delle backdoor: sicurezza vs. sorveglianza di massa
Ed è qui che casca l’asino, cari amici. Gli esperti di cybersecurity sono unanimi: non è possibile creare una backdoor solo per i “buoni”. Se apri una falla nella crittografia, quella falla diventa una vulnerabilità che può essere sfruttata da chiunque: hacker, criminali informatici, governi autoritari. In pratica, rendere la nostra comunicazione meno sicura per un motivo, la renderebbe vulnerabile per tutti i motivi. Sarebbe come lasciare la porta di casa aperta per far entrare la polizia, ma permettendo a chiunque altro di curiosare tra le vostre cose.
Questo approccio rischia di trasformare ogni dispositivo in un potenziale strumento di sorveglianza di massa, senza un mandato specifico o un sospetto fondato, violando principi fondamentali della privacy e della segretezza delle comunicazioni che l’Europa stessa ha sempre difeso (pensate al GDPR, una delle normative più stringenti al mondo!).
Il dibattito è acceso: cosa succederà?
Organizzazioni per i diritti digitali come Statewatch ed EDRi stanno lottando con le unghie e con i denti contro queste proposte, evidenziando come minare la crittografia non solo eroda la privacy, ma renda anche più deboli le nostre infrastrutture digitali. Diversi stati membri dell’UE hanno espresso forti riserve, e la proposta di Chat Control ha già affrontato numerosi rinvii e opposizioni.
Il punto è trovare un equilibrio: come si può combattere il crimine online senza compromettere i diritti fondamentali di milioni di cittadini? Le alternative proposte vanno dalla maggiore collaborazione tra forze dell’ordine a livello internazionale, all’analisi dei metadati (informazioni sul traffico, non sul contenuto), fino a soluzioni più mirate e con garanzie giudiziarie più robuste.
Il futuro del web, e della nostra privacy su di esso, è in gioco. È fondamentale rimanere informati e far sentire la propria voce, perché le decisioni prese oggi a Bruxelles avranno un impatto diretto sulla nostra vita digitale di domani.
L’articolo EU Going Dark? L’Europa e la Battaglia tra Privacy e Sorveglianza Online proviene da CorriereNerd.it.
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