C’è qualcosa di quasi poetico – e profondamente inquietante – nel paradosso che sta scuotendo le fondamenta del web: Wikipedia, la fonte di conoscenza che ha nutrito generazioni di internauti, sta venendo divorata dalle stesse intelligenze artificiali che si sono nutrite di lei. È come se il più grande archivio di sapere umano stesse lentamente svanendo, inghiottito dall’efficienza degli algoritmi che ne hanno assorbito ogni parola.
Secondo un recente rapporto del blog di Wikimedia Foundation, il traffico umano verso Wikipedia sta crollando. La colpa non è dei social, né della noia digitale. Il vero “villain” è l’AI Overview di Google e i chatbot generativi come ChatGPT, che ormai forniscono risposte sintetiche e complete direttamente nella pagina dei risultati. L’utente medio – sempre più pigro o, se vogliamo essere gentili, ottimizzatore del tempo – non sente più il bisogno di cliccare sul link. La curiosità viene soddisfatta prima ancora di nascere.
Il paradosso del sapere libero
Wikipedia è nata per essere di tutti e per tutti. Ha costruito il suo impero sull’idea di un sapere condiviso, libero e verificabile. Ma oggi quella stessa apertura la sta uccidendo. I colossi tecnologici attingono alle sue pagine per alimentare i propri modelli linguistici, restituendo agli utenti una versione compressa e levigata del sapere – senza che nessuno visiti più la fonte originale.
Marshall Miller, uno dei responsabili di Wikimedia, lo ha detto chiaramente: «I motori di ricerca usano sempre più l’AI generativa per dare risposte dirette, anziché mostrare link a siti come il nostro.» Il risultato? Un’intera enciclopedia che perde visibilità, volontari, donazioni. E con loro, perde vita.
Il punto è che se l’AI è frutto di Wikipedia, dovrebbe anche sostenerla. Perché se la sorgente si prosciuga, anche l’acqua dei chatbot finirà col diventare torbida.
Perché l’allarme riguarda tutti noi
Chi ama leggere, approfondire e capire – che si tratti della cronologia dei mutanti Marvel o dell’origine dei mecha negli anime di Hideaki Anno – dovrebbe preoccuparsi. Perché ciò che sta accadendo a Wikipedia è il preludio di qualcosa di più grande: la fine dell’approfondimento.
Meno traffico significa meno editor volontari, meno revisori, meno contenuti aggiornati. E meno qualità significa che anche l’AI inizierà ad attingere a un sapere vecchio, impreciso, incompleto. È un circolo vizioso: l’intelligenza artificiale impara da Wikipedia, ma la svuota della linfa che la mantiene viva.
Il rischio è di generare una generazione che conosce il “cosa” ma ignora il “perché”. L’AI ti dà la risposta, ma non il contesto, non la discussione, non il dibattito. È come leggere i titoli di un’enciclopedia senza mai aprirne le pagine.
E se questo accade a Wikipedia, che è no-profit e sostenuta da donazioni, cosa succederà ai siti di informazione, ai blog culturali, ai magazine indipendenti come CorriereNerd.it?
Quando le risposte AI sostituiranno i motori di ricerca, tutto ciò che vive di click, passione e curiosità rischia di sparire. Nessuno cliccherà più sugli articoli. Nessuno scoprirà nuovi autori. E il web diventerà un feed sterile di riassunti.
La fame dei bot e il costo del sapere
Da mesi, Wikipedia è letteralmente sotto assedio da parte dei bot di intelligenza artificiale. Un esercito silenzioso di crawler automatici sta drenando i suoi server per “nutrire” modelli linguistici e database visivi.
La Wikimedia Foundation stima che il 35% del traffico delle sue pagine sia generato da bot AI, ma questi rappresentano il 65% delle richieste più costose da gestire. In pratica, le macchine leggono Wikipedia molto più di noi umani, e a un prezzo salatissimo.
Il problema è strutturale: i sistemi di caching di Wikipedia sono pensati per lettori umani, che navigano in modo logico da una pagina all’altra. I bot, invece, vanno a pescare in zone remote, su voci dimenticate, scaricando file e immagini in massa da Wikimedia Commons. Ogni accesso diretto al database centrale costa più tempo, più banda e più risorse. E i server non sono infiniti.
Il risultato? L’infrastruttura si sta piegando sotto il peso delle intelligenze artificiali che pretendono di leggere tutto, subito, sempre.
Il team tecnico di Wikimedia – i cosiddetti “site reliability engineers” – lavora giorno e notte per mantenere i server in piedi, limitando o bloccando i flussi dei bot. Ma ogni blocco è una toppa temporanea su una diga che continua a creparsi.
Il prezzo della conoscenza (e del silenzio)
Wikipedia è gratuita, ma mantenerla non lo è. Ogni byte letto, ogni immagine scaricata, ogni voce aggiornata ha un costo. E quei costi, oggi, non sono più sostenibili solo con le donazioni dei lettori.
È qui che nasce il vero dibattito etico: le aziende dell’AI che si sono arricchite grazie ai dati open source dovrebbero contribuire economicamente al mantenimento delle fonti che le alimentano.
Se ChatGPT, Gemini o Claude possono rispondere con precisione su chi fosse Doctor Doom o spiegarti la teoria del multiverso, è perché qualcuno – un volontario – ha scritto, verificato e mantenuto quella voce su Wikipedia. Quel lavoro va riconosciuto.
Non si tratta di chiudere l’accesso, ma di trovare un equilibrio: un patto tra conoscenza libera e tecnologia responsabile.
Il futuro è un video breve?
C’è poi un’ombra ancora più grande sullo sfondo: le nuove generazioni non cercano più informazioni sul web, ma su TikTok e Instagram. Marshall Miller lo ha detto senza mezzi termini: «Le piattaforme video stanno sostituendo il web aperto come principale fonte informativa dei giovani.»
È l’era della “scroll culture”: trenta secondi di informazione per colmare la curiosità di un istante. Ma la conoscenza non si costruisce su video da 15 secondi.
Se Wikipedia è la biblioteca di Alessandria del XXI secolo, i social sono il suo incendio digitale.
La battaglia per la sopravvivenza del web aperto
La questione non è tecnica, ma culturale. Wikipedia non sta solo lottando per il suo traffico: sta difendendo il principio stesso del web aperto, quello basato su collaborazione, curiosità e accesso libero.
Un web in cui non si consuma informazione, ma la si costruisce insieme.
Il sapere condiviso è un ecosistema, non un magazzino da cui le AI possono attingere all’infinito. Se smettiamo di visitare Wikipedia, di contribuire, di correggere, di donare, il ciclo si spezza. E con lui, anche la fonte da cui si abbeverano le intelligenze artificiali.
Epilogo: la scelta è nostra
La prossima volta che Google ti mostrerà una risposta pronta, chiediti da dove arriva.
Dietro ogni sintesi c’è un volontario che ha passato ore a scrivere, correggere e verificare. Dietro ogni paragrafo c’è un pezzo del web libero che rischia di svanire.
Il destino di Wikipedia – e, in fondo, dell’intero sapere online – non dipende solo dai colossi tecnologici, ma da ognuno di noi.
Siamo disposti a sacrificare la conoscenza sull’altare della comodità?
O vogliamo ancora cliccare, leggere, approfondire, capire?
Perché, come direbbe un vecchio utente di Wikipedia, sapere è sempre stato un verbo attivo, non passivo.
L’articolo AI vs Wikipedia: L’AI Overview Uccide il Click? La Crisi del Sapere Libero proviene da CorriereNerd.it.
Aggiungi un commento