Le rivoluzioni nel gaming non arrivano mai con il fragore dei trailer hollywoodiani, ma si insinuano nel settore con l’ambizione silenziosa dei prototipi. Ubisoft, che negli ultimi anni ha fatto della ricerca un privilegio quasi da laboratorio scientifico, torna a muovere le fondamenta del medium con Teammates, un esperimento giocabile che spinge l’intelligenza artificiale al centro dell’azione. Non un semplice FPS futuristico, ma un banco di prova che unisce narrativa, comandi vocali e NPC realmente reattivi, dando vita a un ecosistema interattivo che sembra uscito dalle fantasie dei game designer degli anni ’90.
Il progetto nasce all’interno della divisione dedicata alla Gameplay Gen AI, la stessa che al GDC 2024 aveva già incuriosito pubblico e addetti ai lavori con l’esperimento Neo NPC. Teammates raccoglie quell’eredità e la porta un passo oltre, mettendo nelle mani del giocatore un livello completo, un team di compagni e un assistente artificiale che non si limita a eseguire: interpreta, risponde, reagisce, improvvisa.
La resistenza, cinque agenti scomparsi e una missione che va oltre la trama
Il contesto narrativo funziona come cornice, non come gabbia. Il giocatore veste i panni di un membro della resistenza catapultato in un futuro distopico dove tecnologia e oppressione marciano all’unisono. L’obiettivo è ritrovare cinque agenti dispersi all’interno di una base ostile, ricostruirne le ultime memorie e sopravvivere a pattuglie nemiche sempre più aggressive.
Questa premessa, apparentemente semplice, diventa il terreno perfetto su cui testare la vera anima del progetto: la comunicazione naturale tra essere umano e intelligenza artificiale. Una conversazione continua, non guidata da menu a tendina o scelte pre-registrate, ma da comandi vocali liberi, veloci, istintivi. Una promessa enorme per chi è cresciuto dando ordini secchi a squadre digitali incapaci di rispondere creativamente.
Jaspar, l’assistente IA che ti ascolta mentre combatti
Il vero protagonista dell’esperienza si chiama Jaspar, un’intelligenza artificiale che non punta solo a eseguire ordini, ma a comprendere ciò che serve al giocatore. Jaspar individua bersagli, evidenzia oggetti, snocciola dettagli di lore, modifica impostazioni in tempo reale e può addirittura mettere in pausa la partita se lo chiedi a voce.
L’aspetto più sorprendente è la fluidità con cui collega ciò che ascolta a ciò che vede: non si limita a tradurre il comando in un’animazione, ma interpreta contesto, priorità e urgenza. Un alleato che sembra osservare la partita insieme a te, non un sistema di menu travestito da voce metallica.
Xavier Manzanares, Direttore del Gameplay Gen AI, conferma che i primi test interni hanno generato un legame emotivo inaspettato tra giocatori e assistente. Quando una tecnologia inizia a stimolare empatia, significa che qualcosa si è mosso davvero sotto il cofano.
Pablo e Sofia: NPC che vivono davvero nel mondo di gioco
Se Jaspar rappresenta la mente, Pablo e Sofia sono le braccia della squadra. Due compagni IA che non si limitano a seguire il giocatore come pedine ben animate, ma comprendono e reagiscono ai comandi vocali con decisioni credibili.
Uno dei momenti più affascinanti dell’esperienza arriva all’inizio del livello: il protagonista non ha ancora un’arma. Due guardie pattugliano il corridoio. L’unica possibilità è orchestrare un attacco tattico affidandosi esclusivamente ai compagni.
“Pablo, vai in copertura dietro quella barriera.”
“Sofia, tieni pronto il colpo.”
“Fuoco sul nemico di destra. Ora!”
La risposta è immediata. Pablo si muove. Sofia attacca. L’azione si svolge come in un film in cui il giocatore diventa regista oltre che protagonista.
Virginie Mosser, narrative director, descrive questa possibilità come un cambiamento di paradigma: il giocatore non segue più una storia, la modella. Ogni ordine, anche il più semplice, diventa una biforcazione narrativa in tempo reale.
L’IA come strumento, non come sostituto: la visione di Ubisoft
Il team di ricerca è ben consapevole delle discussioni – e talvolta dei timori – legati all’uso dell’intelligenza artificiale nell’industria videoludica. Proprio per questo Teammates non vuole essere un manifesto di automatizzazione, ma un tentativo di fusione tra creatività umana e potenza tecnologica.
Mosser chiarisce che gli autori non vengono esclusi dal processo creativo: sono loro a definire personalità, caratteri, limiti e contesto narrativo. L’IA non inventa un personaggio dal nulla: ne interpreta il comportamento entro confini stabiliti, un po’ come un attore improvvisa sul palco, ma sempre rispettando la sceneggiatura.
Rémi Labory, Data & AI Director, spiega l’ambizione finale: creare un’intera pipeline narrativa che parta dall’accoglienza del giocatore e arrivi fino al debriefing finale, passando per reazioni personalizzate e variabili. Una struttura che, se perfezionata, potrebbe diventare la colonna vertebrale di esperienze future in cui ogni partita diventa davvero unica.
Playtest, reazioni e i prossimi passi di un progetto che vuole crescere
Teammates è già stato provato da centinaia di giocatori in un playtest chiuso. Le loro reazioni, raccontano gli sviluppatori, hanno influito direttamente sulla direzione del progetto. L’obiettivo ora è potenziare gli strumenti, semplificare la pipeline produttiva e coinvolgere sempre più team Ubisoft in un esperimento che potrebbe aprire la strada a un nuovo modo di sviluppare IA in ambito videoludico.
Presto arriverà anche un video esplicativo dedicato all’interno del dietro le quinte, segno che la casa francese intende portare questa ricerca alla luce del grande pubblico, testando la risposta della community prima di valutare eventuali applicazioni concrete nei giochi futuri.
Un possibile futuro in cui parlare ai personaggi non sarà più fantascienza
Il potenziale di un sistema del genere supera i confini del singolo esperimento. Se i comandi vocali naturali diventeranno davvero parte integrante dei videogiochi, potremmo avvicinarci a un’epoca in cui gli NPC non saranno più “pezzi di scenario animati”, ma veri partner narrativi.
Immaginare squadre che rispondono come squadre vere, storie che cambiano in base a ciò che diciamo, mondi che si adattando al nostro stile di comunicazione… tutto questo potrebbe trasformare la struttura stessa del medium videoludico.
Per ora, Teammates è un primo passo, ma un passo che ricorda molto l’esplorazione pionieristica degli albori del 3D o della fisica realistica. Una di quelle innovazioni che all’inizio si osservano con curiosità, poi con interesse, poi con inevitabile adozione.
E la questione più intrigante resta aperta:
quando avremo un gioco completo costruito attorno a un’IA capace di dialogare davvero con noi?
La discussione è aperta, e come sempre su CorriereNerd.it, vogliamo sentirla anche dalla tua voce.
Ti convince l’idea di un’IA che risponde al volo ai tuoi comandi? Ti piacerebbe vedere questa tecnologia in un Assassin’s Creed, in un Far Cry, in un Rainbow Six del futuro? Scrivilo nei commenti e parliamone!
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