
C’è qualcosa di profondamente affascinante quando la tecnologia smette di essere un semplice strumento e diventa un ponte. Non un ponte metaforico qualunque, ma un portale di quelli che piacciono a noi nerd: una congiunzione tra mondi, culture, alfabeti e storie. Oggi quel portale ha un nome preciso: Lara, l’intelligenza artificiale di traduzione avanzata sviluppata da Translated, che ora parla ben 200 lingue, raggiungendo potenzialmente 6,5 miliardi di parlanti nativi in ogni angolo del pianeta.
Una cifra che non è solo un numero: è una rivoluzione silenziosa, una di quelle che cambiano per sempre il modo in cui le persone si capiscono, collaborano, costruiscono immaginari condivisi. Ed è una rivoluzione che arriva dall’Italia, cosa che – ammettiamolo – ci fa anche un po’ brillare gli occhi dietro gli occhialoni da geek.
Un salto quantico nella traduzione “context-aware”
Translated non è nuova alle innovazioni: da anni lavora nel settore delle soluzioni linguistiche con un approccio che unisce rigore scientifico, sensibilità culturale e una missione quasi utopica, quella di «permettere a chiunque di comprendere ed essere compreso nella propria lingua». Ma con l’espansione di Lara a 200 lingue, questa visione assume finalmente la forma di un universo espanso, ricco e complesso quanto un multiverso narrativo.
Lara non si limita a tradurre. Non è il solito motore statistico, freddo e impersonale. La sua forza è la capacità di comprendere il contesto – ciò che nel gergo si definisce “context-aware” – integrando nella sua formazione dati curati, convalidati e raffinati dagli oltre 500.000 traduttori madrelingua che compongono la community professionale di Translated. Un’alleanza tra umano e macchina che ricorda certe saghe fantascientifiche dove tecnologia e sensibilità convivono e si potenziano a vicenda.
Il modello si basa su Trust Attention, un approccio di addestramento proprietario che privilegia dati verificati da esseri umani in carne e ossa, non semplici corpus prelevati dalla rete. Il risultato? Traduzioni più naturali, culturalmente coerenti e soprattutto più efficaci rispetto ai sistemi di generazione precedente, con miglioramenti del 20% in media, che diventano addirittura 70% nelle lingue considerate a basse risorse.
Questa è la vera svolta: non solo più lingue, ma più qualità, più profondità, più autenticità.
Lingue che diventano visibili, finalmente
Il cuore di questa espansione batte soprattutto in Africa e Asia, due continenti che oggi rappresentano alcune delle aree più dinamiche, giovani e culturalmente esplosive del pianeta. Eppure, per decenni le loro lingue sono rimaste marginali nei sistemi digitali, come se l’ecosistema della rete non fosse stato progettato per accoglierle davvero.
Oggi Lara cambia tutto.
Lo fa abbracciando lingue come swahili, pilastro comunicativo dell’Africa orientale; hausa, fondamentale nell’Africa occidentale; zulu, lingua viva del Sudafrica; shona, akan, bambara e molte altre che risuonano in Zimbabwe, Mali, Ghana, Senegal, Burkina Faso. A queste si aggiungono lingue asiatiche come tamil, gujarati, khmer, nepalese, e perfino dialetti come il tamazight dell’Atlante Centrale o l’acehense di Sumatra.
Non sono solo nomi: sono comunità. Sono identità. Sono storie che finalmente possono trovare spazio nel mondo digitale senza doversi travestire da qualcosa che non sono.
E in un’epoca in cui i contenuti viaggiano più veloci della luce, offrire accesso linguistico significa offrire accesso al futuro.
Una democratizzazione reale, non dichiarata
Il termine “inclusività” viene spesso abusato, soprattutto quando si tratta di tecnologia. Ma qui siamo di fronte a un caso raro in cui la parola assume un significato concreto. Lara permette a miliardi di persone non solo di leggere contenuti in altre lingue, ma anche di produrne nella propria. È la differenza tra “ricevere informazione” e “partecipare culturalmente”. Due concetti che, per noi nerd cresciuti tra forum, fanfiction, community e multilinguismo digitale, fanno la differenza tra essere spettatori o protagonisti.
In pratica, Translated non sta solo espandendo un software: sta espandendo una possibilità.
E questo ha implicazioni enormi anche per aziende, istituzioni, creatori e chiunque abbia bisogno di portare contenuti, servizi e prodotti in mercati culturali complessi. La localizzazione non è più una semplice traduzione: diventa un gesto di rispetto.
Lara e la sfida etica della comprensione tra culture
Nelle parole di Marco Trombetti, CEO di Translated, questa evoluzione rappresenta «un passo avanti verso una democratizzazione autentica del linguaggio e della comunicazione globale». L’idea che “tutti debbano poter essere capiti e capire nella propria lingua” è potente, quasi poetica. E richiama a tante narrazioni sci-fi in cui la comprensione linguistica diventa la chiave per superare conflitti, collaborare o addirittura evitare catastrofi interplanetarie.
Siamo lontani dalle “scatole universali” dei romanzi di fantascienza? Probabilmente sì, ma la direzione è quella giusta.
La convivenza tra tecnologia e cultura funziona solo se il rispetto è al centro del processo. Lara incarna questo principio: non sostituisce i traduttori, li amplifica; non cancella la diversità linguistica, la protegge; non impone un modello globale, sostiene la pluralità.
È raro vedere un’AI che non si comporti come un’entità colonizzatrice, ma come uno strumento di coesione.
Un’Italia che guida la trasformazione
Dietro a tutto questo c’è una realtà italiana che dal 1999 continua a innovare. Translated, nata dall’incontro tra la linguista Isabelle Andrieu e il computer scientist Marco Trombetti, ha saputo fondere la competenza umana con la potenza computazionale, diventando partner delle maggiori realtà globali.
Le sue tecnologie sono state riconosciute come tra le più avanzate da IDC MarketScape, Gartner e CSA Research. E oggi, con Lara, la visione diventa ancora più ambiziosa.
Translated fornisce servizi in 200 lingue attraverso una rete che copre oltre 40 aree tematiche e un bacino di 300.000 clienti, dimostrando che l’Italia non è solo patria di arte, cucina e fumetti straordinari, ma anche di innovazione linguistica di livello mondiale.
Un futuro di storie condivise
Nel mondo nerd siamo abituati a immaginare mondi in cui culture e lingue convivono in spazi complessi, a volte conflittuali, a volte armonici. Siamo cresciuti sognando traduttori universali, protocolli galattici, lingue inventate che diventano reali grazie alla passione dei fan.
Con Lara, una piccola parte di quella fantasia diventa realtà.
Tradurre significa comprendere, e comprendere significa costruire. Se davvero vogliamo un futuro in cui le idee viaggiano senza barriere, in cui una voce di Bamako può dialogare con una di Milano o Kathmandu, allora strumenti come questo non sono un semplice upgrade tecnologico: sono la base di un nuovo modo di abitare la rete.
E mentre l’Asia e l’Africa vivono una crescita economica e culturale mai vista prima, Lara rappresenta un alleato prezioso per garantire che questa espansione sia anche un’espansione di dialogo.
E adesso?
Adesso tocca a noi. A chi scrive, a chi crea, a chi comunica, a chi immagina. L’AI non sostituisce la creatività umana, ma la amplifica. E ogni nuova lingua supportata è un invito ad aprire un nuovo capitolo, un nuovo pubblico, un nuovo orizzonte.
Che ne pensi di questa rivoluzione linguistica? Ti entusiasma, ti incuriosisce, ti inquieta un po’? Parliamone nei commenti: la conversazione, dopotutto, è la vera essenza di ogni comunità nerd.
L’articolo Lara parla 200 lingue: l’AI di Translated che sta ridisegnando il futuro della comunicazione globale proviene da CorriereNerd.it.







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