Il 16 luglio 1995 è una data che, a prima vista, sembra una di quelle che scorrono via anonime tra le pagine del calendario, senza alcun segno particolare. Un giorno d’estate qualunque, potremmo dire. Eppure, per chi come me ama scavare tra le pieghe della storia digitale, quel giorno rappresenta l’inizio di un’avventura che ha cambiato per sempre il nostro modo di vivere, acquistare, lavorare, perfino pensare. Perché il 16 luglio 1995 Jeff Bezos, un giovane imprenditore con lo sguardo visionario e la caparbietà tipica degli outsider, premeva “Enter” e lanciava online Amazon.com. All’epoca era solo un sito spartano, una libreria digitale quando ancora il web era terra di pionieri, ma sotto la superficie si agitava un’ambizione titanica: cambiare le regole del gioco.
Mi piace immaginare quella scena quasi come l’inizio di un film cult anni ‘90: un nerd appassionato di informatica, capelli un po’ spettinati, occhi incollati allo schermo ingrigito di un computer, che avvia un progetto destinato a scuotere il mondo, mentre in sottofondo suona una di quelle soundtrack elettroniche leggere ma cariche di presagio. Nessuno, nemmeno Bezos, poteva sapere che in trent’anni quella semplice libreria online sarebbe diventata un colosso capace di rimodellare interi settori industriali, tecnologici, culturali, arrivando a plasmare, volenti o nolenti, i ritmi delle nostre vite quotidiane.
Se oggi pensiamo ad Amazon, ci viene subito in mente un sito iperfunzionale, dominato da algoritmi che sembrano leggerci nel pensiero, capace di consegnare in meno di ventiquattr’ore anche l’oggetto più improbabile. Ma agli inizi? Amazon era un piccolo sito dall’interfaccia spartana, con un logo in bianco e nero, nessuna freccia “dalla A alla Z” a sorriderci, nessun Prime, nessun assistente vocale pronto a rispondere ai nostri comandi. Solo un catalogo di un milione di titoli e una promessa audace: raggiungere ogni angolo degli Stati Uniti e, chissà, del mondo.
C’è qualcosa di romantico in quell’archeologia digitale. Ogni ordine effettuato faceva suonare una campanella nel retrobottega virtuale, un segnale acustico quasi artigianale che celebrava ogni singolo acquisto. Presto, però, quella campanella dovette essere silenziata: le vendite cominciavano a esplodere. Alla fine del primo mese, Amazon aveva già spedito ordini in tutti i 50 stati americani e in 45 Paesi stranieri. La rivoluzione era cominciata.
La cosa incredibile di Amazon è la sua capacità di metamorfosi, quasi fosse un mecha uscito da un anime cyberpunk. Dal vendere libri a includere CD, VHS, elettronica, abbigliamento, cibo, giochi, fino a diventare un autentico “Everything Store”. Ma, attenzione: Amazon non si è limitata a espandere il catalogo. Ha costruito un ecosistema, un organismo tentacolare che ingloba marketplace, logistica, servizi cloud, intelligenza artificiale, streaming, gaming. Se oggi guardi una serie su Netflix, giochi a un MMO, partecipi a una call su Zoom, c’è una buona possibilità che tutto passi per i server di Amazon Web Services, il cuore nascosto di Internet.
Come ogni eroe di un racconto epico, però, Amazon ha attraversato tempeste e momenti di crisi. Alla fine degli anni ’90, durante la bolla delle dot-com, molti analisti preannunciavano il collasso del modello di Bezos. Perdite colossali, utili assenti, spese che sembravano senza controllo: tutto faceva pensare a una meteora destinata a spegnersi. Eppure Bezos aveva un piano: sacrificare i profitti a breve termine per conquistare una posizione dominante. Una scommessa azzardata, che cominciò a dare frutti solo nel 2002, con un utile operativo di 5 milioni di dollari. Piccolo, quasi simbolico, ma sufficiente per cambiare la narrativa. Da lì in avanti, Amazon prese slancio: nel 2003 i profitti netti salirono a 35 milioni, nel 2004 superarono i 500 milioni. Il 21 novembre 2005, Amazon entrava nell’S&P 500, prendendo il posto di un gigante come AT&T.
Uno degli aspetti più affascinanti per noi nerd di cultura pop è il modo in cui Amazon ha saputo integrare nel proprio DNA intuizioni tecnologiche e sociali. L’acquisizione di IMDb nel 1998 non era solo un colpo di mercato, ma l’inizio di un’espansione nell’intrattenimento. E ancora Junglee.com, per il data mining, e PlanetAll, un social network ante-litteram da cui sarebbero nati strumenti come le recensioni e le raccomandazioni personalizzate. Amazon ha tentato anche la strada delle aste online per sfidare eBay, ma il vero colpo di genio fu il lancio, nel 2001, del Marketplace: uno spazio in cui venditori terzi potevano offrire prodotti nuovi e usati sulla stessa piattaforma. In un colpo solo, Bezos moltiplicò l’inventario senza doversi occupare di ogni singolo oggetto.
Il 2005 segna un altro punto di svolta con l’arrivo di Amazon Prime. Per un abbonamento annuale, le spedizioni diventavano rapidissime e gratuite. Non era solo un servizio: era un cambio di paradigma nelle aspettative dei consumatori. Negli anni, Prime si sarebbe evoluto inglobando video, musica, giochi, perfino consegne alimentari. Ma il vero salto quantico avviene nel 2006, con il debutto di AWS: prima lo storage S3, poi la potenza di calcolo EC2. Il cloud di Amazon diventa l’infrastruttura di riferimento per startup, grandi aziende, istituzioni. Lontano dai riflettori, è qui che si genera gran parte della potenza della compagnia.
E come non parlare di Alexa? Nel 2014, con il lancio di Echo, Amazon porta nelle nostre case l’intelligenza artificiale. Un assistente vocale che impara, si adatta, evolve. Non è più solo questione di comprare un libro o un gadget: è questione di interazione, di rendere la tecnologia un’estensione naturale della nostra vita quotidiana. Per una nerd come me, vedere un’intelligenza artificiale diventare presenza domestica è stato un mix di esaltazione fantascientifica e, ammettiamolo, un pizzico di inquietudine alla Black Mirror.
Oggi, mentre Bezos guarda alle stelle con Blue Origin e lascia le redini operative ad Andy Jassy, Amazon continua a espandersi. Tra droni, robotica, salute digitale, PC, streaming, gaming, intelligenza artificiale, il gigante non dà segni di rallentamento. Twitch e Luna sono lì a testimoniare la volontà di conquistare anche il mondo videoludico, mentre il cloud continua a crescere come un’entità quasi invisibile ma onnipresente.
A trent’anni dal primo clic, Amazon è diventata una metropoli digitale, un ecosistema che intreccia commercio, tecnologia, intrattenimento e logistica in un intreccio così complesso da sembrare uscito da un romanzo cyberpunk. E tutto è cominciato da un sito goffo, con una grafica minimale e un’idea semplice: vendere libri online. Quella che sembrava una scommessa visionaria è diventata la colonna portante della nostra esistenza digitale.
E ora mi chiedo: quanti di noi riescono davvero a immaginare un mondo senza Amazon? Senza Prime, senza Alexa, senza le consegne lampo, senza quel gigantesco motore che alimenta una parte enorme del web? Magari vi va di raccontarmelo. Condividete questo articolo sui vostri social, commentate le vostre esperienze, le prime volte che avete comprato su Amazon, i momenti in cui Alexa vi ha sorpreso o fatto ridere, o le vostre opinioni sul futuro di questo gigante. Perché in fondo, la storia di Amazon è anche la storia di tutti noi nerd, geek, appassionati di tecnologia e cultura pop che abbiamo attraversato, e stiamo ancora attraversando, questa rivoluzione digitale.
L’articolo Amazon compie 30 anni: la metamorfosi della libreria digitale in un impero tech del multiverso online proviene da CorriereNerd.it.
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