Un’analisi divertita (ma preoccupata) del ritorno della romanità tra le fila dell’élite tech, tra gladiatori mancati, citazioni latine, water d’oro e una voglia disperata di legittimazione imperiale.
Chi avrebbe mai detto che nel 2025, tra un aggiornamento del metaverso e un razzo sparato su Marte, il vero protagonista della nerd culture globale sarebbe stato… l’Impero Romano? No, non è uno scherzo da subreddit storico. È tutto vero. Un video virale su TikTok ha scoperchiato il vaso di Pandora delle fissazioni maschili e ha rivelato una verità imbarazzante (e un po’ affascinante): moltissimi uomini pensano regolarmente all’antica Roma. Parliamo di riflessioni settimanali, se non quotidiane, sul Senato, le legioni, Giulio Cesare e compagnia bella.
Il video dello svedese Arthur Hulu, alias Gaius Flavius (un nome che sembra uscito da Total War: Rome), ha innescato la valanga con una semplice domanda: “Quante volte pensi all’Impero Romano?”. Da lì è scoppiato un trend mondiale. Fidanzate perplesse, mogli curiose e sorelle sospettose hanno interrogato i loro cari, scoprendo che dietro ogni uomo si nasconde un piccolo legionarius mancato. Persino Francesco Totti, con il suo inconfondibile aplomb da condottiero capitolino, ha confessato di pensarci ogni giorno. E quando entra in scena Elon Musk con un tweet come “America is New Rome”, la cosa si fa seria. Serissima. O ridicola. A seconda di quanto ami la retorica imperiale condita da citazioni latine e filosofia stoica da LinkedIn.
Sì, perché oggi non sei un vero CEO se non citi almeno una volta Marco Aurelio. Ed è proprio questa l’anomalia nerd che dobbiamo esplorare: perché i colossi della Silicon Valley sembrano voler reincarnare gli imperatori romani?
Musk, Marte e il mito dell’Impero eterno
Elon Musk ha trasformato la romanità in una vera e propria missione ideologica. Non è solo un fan della grandeur imperiale: lui vuole essere Roma. E non una qualsiasi, ma quella che conquista nuovi mondi. Lo si capisce dalla sua ossessione per Marte, dal linguaggio scelto per le sue comunicazioni (“dominio interplanetario”, “espansione della civiltà”, “nuova era”) e da una frase dal thread virale che ha condiviso su X (ex Twitter): “Viviamo ancora a Roma, ma questa volta non crollerà”. Una dichiarazione da manuale di messianesimo tecnologico.
Nel suo immaginario, l’America – e Musk stesso, ovviamente – rappresenta il naturale erede dell’Impero Romano, ma con i razzi invece degli acquedotti, e i lanci orbitali invece del Foro. La SpaceX non è solo un’azienda: è la legione che porterà la civiltà oltre i confini della Terra. Ispirarsi a Giulio Cesare e citare Silla come esempio di leadership non è solo una provocazione, ma una dichiarazione d’intenti. Certo, poi c’è il piccolo dettaglio che Silla era un dittatore brutale… ma vuoi mettere il carisma?
Zuckerberg e Augusto: tra citazioni latine e tagli di capelli da busto imperiale
Se Musk è il Cesare futurista, Mark Zuckerberg è l’Augusto del metaverso. Letteralmente. Le sue figlie si chiamano Maxima, Augusta e Aurelia, e ai suoi keynote preferisce magliette con motti latini invece che cravatte. La passione per l’antica Roma è talmente profonda che pare si sia fatto tagliare i capelli “alla Tiberio” (forse dal primo barbiere con studi classici nella Valley). Il suo modello è Ottaviano Augusto, l’uomo che portò ordine e centralizzazione dopo il caos della Repubblica.
Ecco, a quanto pare, anche Zuckerberg vede sé stesso come lo stabilizzatore della giungla digitale. Il suo sogno? Trasformare Facebook, Instagram e tutto il baraccone Meta in un impero ordinato, pacificato, magari anche sorvegliato, dove ogni algoritmo obbedisce all’”imperium” del suo codice. Quando ha lanciato Llama 3.1, ha sfoggiato una citazione augustea sulla maglietta. Prossimo passo: toga da console e un’aquila robotica che lo accompagna sul palco.
Ma c’è di più. Il buon Zuck non si limita agli stoici. A sorpresa, ammira anche gli epicurei, quelli del “vivi nascosto” e dell’atarassia. Peccato che lui abbia costruito la piattaforma che ha reso impossibile vivere nascosti. Una contraddizione che rasenta il paradosso cosmico. Ma tant’è: Epicuro va bene, se può servire a legittimare l’algoritmo. In fondo, anche Caligola voleva essere un dio. Lui, almeno, non citava Seneca per giustificare le sue follie.
Il grande circo filosofico della Silicon Valley
E qui arriviamo al punto dolente, nerd, e anche un po’ tragicomico. La filosofia antica è diventata l’ennesimo gadget nelle mani dei magnati digitali. Come un NFT intellettuale. Marco Aurelio, Seneca, Epitteto… tutti divorati, triturati e rigurgitati in forma di motivazione aziendale, tweet ispirazionali e “stoicismo per manager in 10 punti”. Le “Meditazioni” sono ormai il nuovo “How to Win Friends and Influence People”, con un pizzico di pathos stoico e l’odore stantio di una sala conferenze illuminata al neon.
La saggezza dei classici viene decontestualizzata, distillata, svuotata del suo contenuto etico originario. Marco Aurelio scriveva per sé stesso, tormentato dalle responsabilità dell’impero e dall’impermanenza delle cose. Oggi viene citato per giustificare decisioni aziendali disumane o piani di ridimensionamento del personale. E la frase “accetta ciò che non puoi cambiare” diventa uno slogan per ignorare le proteste dei dipendenti.
Zuckerberg, Musk, Bezos – che ha chiamato uno dei suoi progetti controversi “Iliad” come se fosse Ulisse reincarnato in un magazziniere – si comportano come dei novelli Cesari, ma con i conti in banca gonfi e yacht “degni di Caligola”. E il parallelo con Caligola non è mio, è dei giornalisti che hanno definito il suo yacht da 500 milioni di dollari “imperiale”. Altro che sobrietà stoica: qui siamo alla megalomania travestita da erudizione.
Filosofia antica o marketing moderno?
E il rischio, qui, è grosso. Quando la filosofia viene usata come vernice per legittimare il potere economico e tecnologico, si sfiora il ridicolo… ma si sconfina anche nel pericoloso. Perché se un CEO può citare Platone per spiegare perché non ha bisogno di rendere conto a nessuno, abbiamo un problema. Le riflessioni sulla virtù, sulla giustizia e sul bene comune non sono nate per giustificare monopoli globali o imperi digitali, ma per coltivare l’anima, migliorare la polis, orientare l’agire umano verso il giusto. Qui invece ci troviamo di fronte a un culto personalistico travestito da classicismo.
Siamo passati dal “panem et circenses” al “panem e podcast motivazionali con citazioni in latino”. E la cosa fa sorridere, certo, ma anche riflettere. Perché se davvero questi “nuovi Cesari digitali” vogliono ispirarsi all’antichità, dovrebbero almeno prendere sul serio la parte sulla virtù, la misura e il servizio al bene collettivo. Non solo quella che giustifica il lusso, il controllo e la conquista.
Quante volte pensi all’Impero Romano?
E quindi, caro lettore nerd, amico del CorriereNerd.it, lasciatelo dire: se anche tu pensi ogni tanto all’Impero Romano, non sei solo. Ma prova a farlo con uno sguardo critico. Chiediti: cosa avrebbe davvero pensato Seneca del mio bonus aziendale? O: Marco Aurelio sarebbe andato in giro in jet privato con il logo della sua app sulla fusoliera? Dubito.
Certo, citare Cesare al bar è divertente, ma se un giorno ti ritrovi a giustificare il licenziamento di un collega con “la virtù risiede nell’adattarsi al fato”, forse è il momento di chiudere il Kindle e tornare a vivere la realtà. E magari leggere Dante. Lui sì che avrebbe avuto due o tre cose da dire su questi “nuovi imperatori”.
E tu? Ti senti più un Marco Aurelio interiore o un Caligola col portafoglio? Scrivilo nei commenti, condividi l’articolo e inizia una discussione degna del Foro. Ma, per favore, niente più citazioni latine fuori contesto. Anche i filosofi si rivoltano nella tomba.
L’articolo “L’Impero Colpisce Ancora: l’ossessione per Roma tra Elon Musk, Zuckerberg e la Filosofia Stoica 2.0” proviene da CorriereNerd.it.
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