Alzate il volume, sistematevi bene sul divano e preparatevi a immergervi in qualcosa che ha davvero il sapore del futuro. O meglio, del presente più avveniristico che si possa immaginare. È arrivato My Robot & Me, un cortometraggio di appena tre minuti che riesce a scatenare un piccolo terremoto nel mondo del cinema, della tecnologia e della creatività. E no, non è l’ennesimo contenuto virale usa e getta: è cinema. O almeno, una sua nuova incarnazione. Diretto da Jarrard Cole, mente brillante e pionieristica della sperimentazione visiva, e narrato da una sempre brillante Joanna Stern, voce e volto tech del Wall Street Journal, questo film ci invita in un futuro che sembra già presente. O forse è il nostro presente che assomiglia sempre più a un futuro ipertecnologico. In ogni caso, preparatevi: quello che vedrete non ha nulla a che fare con i meme malformati che siamo abituati a vedere su TikTok. Qui si gioca su un altro livello.
La storia è semplice solo in apparenza: una persona e un robot convivono in un rapporto fatto di efficienza, controllo e una strana umanità. Ma in realtà, My Robot & Me è un saggio visivo travestito da racconto, una riflessione cinematografica sull’ossessione contemporanea per l’efficienza, sul nostro desiderio di delegare, sul senso di identità nel rapporto con le macchine. Un mix di ironia, estetica high-tech e poesia sintetica che ti lascia con qualcosa in più.
Il film è stato realizzato grazie a strumenti come Google Veo 3 — lanciato lo scorso 20 maggio e già capace di generare dialoghi ed effetti sonori via AI — e la potentissima Runway AI, vero cuore pulsante della nuova ondata di video generativi. La voce sintetica è targata ElevenLabs, mentre la musica emozionale è stata composta da Suno, altra piattaforma AI emergente. Ma attenzione: qui non si è lasciato tutto in mano agli algoritmi. Anzi, ogni fotogramma è stato costruito con cura artigianale. Una sorta di regia aumentata, dove il prompt diventa la sceneggiatura e l’interfaccia è il nuovo set.
Per ogni scena sono stati necessari tentativi, perfezionamenti, pazienza certosina. Più di mille clip generate, spesso rigettate, rifatte, ricomposte. Alcune inquadrature sono spettacolari, cinematografiche, degne di una produzione hollywoodiana. Altre, invece, mostrano i limiti ancora evidenti dell’AI visiva: volti che mutano misteriosamente, proporzioni corporee disturbanti, continuità narrativa che si sgretola. Il tutto, però, è tenuto insieme dall’interpretazione di Joanna, ironica e vera, che racconta anche le incongruenze come parte del gioco. “Non ho fatto chirurgia plastica tra una scena e l’altra”, dice con sarcasmo, e in quel momento il film ti strappa un sorriso. Umano. Vero.
Ciò che colpisce davvero, però, è la forza del processo creativo. Jarrard Cole non si è limitato a scrivere una storia e a cliccare “genera”. Ogni prompt è stato pensato, riscritto, diretto. Come quando ha descritto nei minimi dettagli l’inquadratura di Joanna che fa flessioni, con il robot che la osserva. Una precisione che solo un occhio registico può garantire. Qui il regista è ancora un artista, non un utente passivo. L’AI non crea da sola. Risponde, interpreta, amplifica.
Ed è proprio questo il cuore del messaggio di My Robot & Me: l’intelligenza artificiale non sostituisce la creatività umana, ma ne moltiplica le possibilità. Il cinema diventa accessibile, flessibile, economico. Il budget del corto? Qualche migliaio di dollari. Niente troupe, attori o attrezzature costose. Solo idee, tempo e una nuova grammatica visiva da imparare. Una grammatica che può diventare nuova lingua, nuovo linguaggio.
Questo tipo di sperimentazione non è un’esclusiva americana. Anche in Italia ci sono realtà che stanno esplorando le potenzialità narrative dell’intelligenza artificiale. isek.AI Lab, una giovane startup italiana, sta infatti producendo cortometraggi e video emozionali realizzati interamente con strumenti AI, visibili sul loro canale YouTube ufficiale. I loro lavori raccontano storie intime, surreali o poetiche, usando AI text-to-video per creare mondi impossibili con un’estetica unica. E proprio come My Robot & Me, anche loro dimostrano che l’arte generata da algoritmi può avere un’anima — purché ci sia un cuore umano a guidarla.
My Robot & Me è molto più di un esperimento tecnico. È un’opera ibrida, che unisce emozione e pixel, codice e visione, ironia e inquietudine. È una finestra su ciò che potrebbe diventare il cinema del futuro: meno vincolato dalle logiche industriali, più libero, più personale, più fluido. Ma anche più esigente, perché richiede un nuovo tipo di creatività, capace di dialogare con le macchine senza rinunciare all’umano. E allora, guardatelo. Lasciatevi sorprendere. Poi tornate qui, oppure andate a curiosare sul canale di isek.AI Lab, e chiedetevi: stiamo assistendo a una rivoluzione artistica o a una moda passeggera? E voi, sareste pronti a girare il vostro prossimo corto con un robot alla regia?
Se anche voi siete affascinati dall’idea di raccontare storie con l’intelligenza artificiale, fatecelo sapere nei commenti o condividete questo articolo sui vostri social. Il cinema sta cambiando: siete pronti a esserne protagonisti?
L’articolo “My Robot & Me”: il cinema secondo l’intelligenza artificiale, tra visioni sintetiche e cuore umano proviene da CorriereNerd.it.
Aggiungi un commento